IL LABORATORIO SULLE FIABE: LA DRAMMATIZZAZIONE CHE AIUTA A FAR COINCIDERE PASSAGGI EVOLUTIVI E CRESCITA PSICOLOGICA. LA STORIA DI ADRIAN-POLLICINO

ABSTRACT

Il presente lavoro è il resoconto di un’esperienza svolta insieme a otto bambini riuniti in un Laboratorio sulle fiabe istituito dall’autrice nell’ambito di un’associazione culturale dedicata all’età evolutiva e alla psicologia dell’infanzia. La peculiarità di questa esperienza è stata quella di poter verificare alcune ipotesi sul rapporto tra drammatizzazione e crescita psicologica su cui l’autrice indaga da diversi anni, e che si sono rivelate fondate nel corso degli incontri e delle drammatizzazioni messe in scena dai bambini.

In particolare, viene qui riportato il caso di Adrian, un bambino di 9 anni, di nazionalità polacca, adottato da due anni qui in Italia, con notevoli problemi di adattamento dovuti a uno stato di prostrazione prolungatosi oltre i termini fisiologici previsti dalla sua nuova condizione. La vicenda del piccolo Adrian e della sua scelta di mettere in scena la fiaba di Pollicino ha coinvolto il gruppo di bambini in un’avventura che avrebbe dato a ciascuno di loro la possibilità di trovare una nuova motivazione al cambiamento.

In questo contesto, infatti, la capacità di accettare il cambiamento rappresenta un passaggio evolutivo fondamentale nella vita del bambino: il coraggio di cambiare fa esso stesso parte di un’evoluzione più profonda, cominciata con l’inizio della terapia, e che abbraccia la capacità di far fronte attivamente e creativamente alle inevitabili iniziazioni della vita.

La tesi di questo scritto è che la drammatizzazione possa facilitare questo percorso, aiutando i bambini a far fronte ai cambiamenti e, mettendo in scena su un piano simbolico e ludico i propri bivi esistenziali, a elaborare una strategia funzionale e costruttiva. Viene, inoltre, sottolineata la capacità dei bambini di sapersi accogliere e accettare tra loro, se posti nelle giuste condizioni ambientali, evitando disposizioni aggressive e ostacolanti il rapporto con l’altro, e riuscendo a negoziare sui conflitti. Tutto ciò è possibile se i bambini sono resi liberi da modelli negativi, imposti talvolta anche solo a livello subliminale e inconscio. Con questa loro intrinseca capacità donativa è possibile collaborare terapeuticamente per trasformare e trasformarsi.

In this article the author gives an account of a cycle of psychotherapy session organized in the form of a “Fairy Tale Dramatization Laboratory” conceived by the author, which in this case involved the partecipation of a group of 8 children. In particular, the article analyzes the remarkable experience of a child who chose the story of “Tom Thumb” to dramatize his difficult existential and psychological situation. In addition, attention is drawn to the children’s ability to welcome and accept each other, to avoid aggressive attitudes which interfere with healthy interpersonal relations, and to negotiate conflict resolution, when they are freed of the models imposed both at a conscious and unconscoius level by adults. Working in this way with their intrinsic generosity, it is possibile to work together in a truly transforming therapeutic experience.

CHI DESIDERASSE CONSULTARE L’ARTICOLO INTEGRALE, PUO’ CONTATTARE L’AUTRICE VIA MAIL A: anna.mostacci@gmail.com

ALLENAMENTO ALL’ASCOLTO EMPATICO

“Potrebbe essere proficuo staccarsi dall’abitudine di star ad ascoltare soltanto quello che risulta subito chiaro.” – Martin Heidegger –

ABSTRACT
La nostra relazione con l’altro è caratterizzata da una comunicazione vicendevole basata sull’esprimere il proprio mondo e i propri bisogni e sull’ascolto della visione del mondo e dei bisogni dell’altro. La percezione e la conoscenza che più ci appassiona nella nostra vita è quella degli altri, essa diventa da subito il nostro imprinting vitale nel calore e nel rispecchiamento visivo amoroso, come nell’udire la voce soffusa e limpida della madre, di colei che si presenta nel nostro nuovo universo sconosciuto e ci guida alla sua scoperta.

L’esperienza comunicativa verbale, così come il prestare ascolto e comprendere gli altri, rientrano a tal punto nella nostra vita quotidiana che può accadere di sottovalutarne il valore; mentre basterebbe soffermarsi a riflettere su quanta importanza riveste per noi riuscire a comunicare i nostri bisogni e i nostri desideri – dai più semplici a i più complessi – e far sì che gli altri ci aiutino a soddisfarli e a realizzarli.

Per buona parte della nostra vita, dunque, rincorreremo il nostro impegno con gli altri nel tentativo di comprenderci e accordarci l’un l’altro in un coinvolgimento comunicativo sempre più vitale. Ora vedremo passo passo cosa comporta il prestare ascolto quando ciò che noi abbiamo espresso verbalmente è una difficoltà, un dolore, qualcosa che ci tormenta emotivamente. Partendo da noi stessi e dal nostro bisogno di essere emozionalmente capiti, possiamo allenarci ad un ascolto empatico dell’altro significativo e, nello stesso tempo, comprenderemo maggiormente noi stessi in quelle fasi caotiche interiori dove il pensiero razionale viene meno.

DIVERSI STATI MENTALI
Nell’intervenire e nel prestare ascolto, noi attiviamo contemporaneamente differenti stati mentali legati ad emozioni diversificate, e questo è uno dei motivi per cui alcune comunicazioni riescono e altre no. Se siamo in grado di riconoscere come ci sentiamo nel nostro stato psicofisiologico attuale senza esserne sopraffatti, possiamo coinvolgerci e coinvolgere l’altro in una verbalizzazione emozionale centrata sulla disponibilità e sull’attenzione di ciò che viene detto oltre le parole, nell’accoglienza non giudicante del messaggio.

RICONOSCIAMO IN NOI IL NOSTRO STATO D’ANIMO
Se siamo preoccupati per qualcosa di importante e ne vogliamo parlare, la nostra capacità di ascoltare diminuisce sensibilmente: eppure sentiamo il bisogno che l’altro ci rassicuri, ci consigli. Domandiamoci, allora, mentre l’altro ci parla, cosa ci vuole comunicare di suo senza necessariamente intendere il suo vissuto come un attacco minaccioso a noi, e quindi senza assumere una modalità difensiva che per forza di cose blocca il flusso empatico.

RICONOSCIAMO NELL’ALTRO IL SUO STATO D’ANIMO
Rispondere, pretendere di farci capire, dall’altro che sta tentando di esprimere dei sentimenti forti emozionalmente, lo spingerà ancora di più a ricercare un riconoscimento delle sue emozioni. Volgiamo, dunque, la nostra attenzione al tono, al ritmo, al modo, al come vengono espressi i contenuti.

Dunque, la disponibilità e l’attenzione all’altro genera un circolo virtuoso nella relazione ma solo se siamo i primi a rapportarci con rispetto e ascolto emozionale di noi stessi. Se viviamo nell’attesa magica che sia l’altro a capire cosa vogliamo comunicare, cosa vogliamo dire, che sia l’altro ad amarci incondizionatamente mentre siamo sconosciuti a noi stessi, la comunicazione subirà disfatte e incomprensioni.

Questo mio contributo è rivolto alle relazioni di coppia, agli amici che non si comprendono, ai genitori che “non capiscono” cosa vogliono dire i loro figli, a tutti coloro che desiderano accrescere la loro capacità di comunicare più chiaramente con gli altri e che desiderano comprendere loro stessi nel profondo.