SCEGLIAMOCI – Confinati in casa, riflettiamo per crescere

In famiglia, da soli, in coppia, con i bambini, in questa situazione drammatica di emergenza sanitaria ci ritroviamo a vivere nelle nostre case con una percezione differente rispetto a prima, come se ci incontrassimo per la prima volta con le nostre fragilità e paure e più tempo a disposizione per riflettere sulla nostra vita.

Può, questa, pur nella drammaticità della situazione, diventare una risorsa per scoprire qualcosa di più su noi stessi e sulle persone che amiamo.

Qualcosa emerge più di altre, il sentirsi incompresi dalle persone con cui viviamo o con cui ci sentiamo tramite l’aiuto della tecnologia che in questo momento di chiusura con l’esterno ci affianca e ci sostiene.

Nello stesso tempo, non comprendiamo gli altri, le loro richieste ci appaiono come pretese, il conflitto si mostra in tutta la sua potenza confusiva.

Che succede? come mai situazioni che prima non ci apparivano importanti ora mostrano il loro lato ombra?

Abbiamo spesso visioni troppo idealizzate sulle relazioni – così come verso parti di noi stessi – e se questo viene vissuto come qualcosa di magico, è vero anche che condanna i protagonisti della relazione a un continuo gioco di malintesi e delusioni dove le aspettative sono spesso sul comportamento che “dovrebbe” tener l’altro verso di noi generando giudizi, disillusioni, e dubbi che arrovellano la mente.

Scegliamo noi stessi quando i dubbi ci assalgono e la nostra capacità decisionale viene meno.

Scegliere noi stessi diventa così un atto coraggioso che ci darà la forza necessaria a dipanare il dubbio, che sia un dubbio sulla relazione o un dubbio che apre ad un conflitto profondo sul prendere posizione nella vita delle persone che amiamo.

Scegliendo noi stessi, rispettandoci, accogliendoci nella nostra confusione senza giudicarci, avendo pazienza per noi stessi in primis.

In questo modo manderemo all’altro un messaggio di grande responsabilità soggettiva e, come fosse un atto in sé, o una frase ad effetto, verrà percepito come una possibilità di espressione unica anche per l’altro che forse non aspetta che questo per tranquillizzarsi.

Vivere un rapporto interpersonale reale e non idealizzato comporta il tramonto di stereotipi culturali e generazionali che plasmano amaramente la nostra soggettività e ne diventano anche alibi.

Riflettere in modo sincero con noi stessi, con flessibilità e amorevolezza verso le nostre fragilità può diventare così un’opportunità simile ad un avventuroso viaggio verso la scoperta di nostre potenzialità mai neanche immaginate.

LO SPAZIO ANGUSTO: LA COPPIA CONFINATA dalla rassegnazione alla risorsa

Il confinamento nelle proprie abitazioni richiesto e attuato durante l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ridisegna equilibri consolidati che nel caso della coppia possono mettere duramente alla prova la sopportazione reciproca.

Ripercorrere i passaggi di incontro originario ci può, allora, aiutare a trovare lo “spazio d’uscita” per non vivere il confinamento casalingo come l’anticamera della fine dell’unione d’amore.

Quando la coppia si forma, le differenze individuali che contraddistinguono i due partner vengono percepite come punti di forza e base per una buona unione.

Molto spesso, però, nel tentativo di conciliare le due personalità in un progetto comune, i due partner lentamente perdono di vista proprio quello che, oltre l’attrazione fisica, li ha uniti.

Se subentra una crisi, ma anche un evento eccezionale come quello che la pandemia ci sta facendo attraversare, ritroviamo nei due partner un sentimento di rivendicazione per i propri spazi personali, per le proprie idee, per i propri valori ma anche verso le aspettative individuali sulla loro unione, come se fino ad allora si fossero sacrificati nell’esprimere sé stessi.

Lo spazio casalingo diventa improvvisamente uno spazio angusto, troppo piccolo – nella percezione dello spazio poco contano le dimensioni oggettive e gli spazi suddivisi – dove la privacy improvvisamente viene a mancare, dove ci si sente “costretti” a “condividere” pasti, riposo, tempo libero.

La coppia scopre di essere formata da due individui separati e compaiono, come uno shock, anche gusti diversi, preferenze differenti.

Si scopre qualcosa di nuovo: Io sono io e tu sei tu!

La comparsa delle differenze individuali nella coppia: genesi

Nell’esaltazione della prima fase d’unione, i due partner presentano all’altro solo l’aspetto migliore di sé aderendo anche ad un modello più accettabile socialmente.

Questa fase “fisiologica” nell’incontro tra i due partner può durare molto tempo, ci possono essere matrimoni impostati solo su questa prima fase grazie alla capacità istrionica del femminile e alla capacità camaleontica del maschile.

La suddivisione del lavoro aiuta a mantenere questa “distanza” tra i due. Una coppia così impostata difficilmente si arrenderà all’allargamento familiare che il concepimento dei figli comporta.

Una nuova opportunità

A poco a poco che la conoscenza tra i due va avanti, emergono anche i conflitti e/o i disagi personali che li affliggono individualmente e diventa sempre più difficile nasconderli all’altro ma anche a sé stessi.

Nel confinamento attuale, questo nuovo assetto può disorientare.

Improvvisamente l’altro si svela al partner come pieno di “difetti” o come “problematico”.

Questa nuova realtà, questa nuova “verità” della coppia, suggella spesso il “io ti salverò” che trascina i due nell’isolamento e nella frustrazione.

Ma, citando il grande romanziere Italo Calvino, “La conoscenza del prossimo ha questo di speciale, passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stessi”.

La coppia che riconosce il problema del cambiamento individuale come risorsa e non solo come risultato delle apparenti presentazioni della propria personalità individuale, sarà la coppia che riuscirà a ridefinirsi nel confinamento riuscendo a trovare  la giusta motivazione al cambiamento, comprendendo che forse quelle evidenti differenze individuali emerse nella crisi, potranno rafforzare e non indebolire la loro unione, imparando a modulare le emozioni da condividere con le emozioni da elaborare individualmente prima di incontrarsi con l’altro.

Lo spunto che qui si intende porre è di concentrarsi nell’osservazione dei seguenti aspetti:

  • focalizzare l’attenzione sulle false comunicazioni che si vengono a creare tra i due partner
  • concentrarsi su una o più sequenze di azione tra i due ripristinando la comunicazione diretta, non aggressiva, verbale, pacata, nel rispetto delle emozioni dell’altro e delle proprie
  • prediligere la base comune, riscoprendo il focus comune originario che diventa la bussola della nuova armonia.

Si può, allora, vivere nello stesso spazio abitativo senza tarpare le ali individuali, uniche e – si scopre, paradossalmente – amate fin dall’inizio dell’incontro originario.

ALLENAMENTO ALL’ASCOLTO EMPATICO

“Potrebbe essere proficuo staccarsi dall’abitudine di star ad ascoltare soltanto quello che risulta subito chiaro.” – Martin Heidegger –

ABSTRACT
La nostra relazione con l’altro è caratterizzata da una comunicazione vicendevole basata sull’esprimere il proprio mondo e i propri bisogni e sull’ascolto della visione del mondo e dei bisogni dell’altro. La percezione e la conoscenza che più ci appassiona nella nostra vita è quella degli altri, essa diventa da subito il nostro imprinting vitale nel calore e nel rispecchiamento visivo amoroso, come nell’udire la voce soffusa e limpida della madre, di colei che si presenta nel nostro nuovo universo sconosciuto e ci guida alla sua scoperta.

L’esperienza comunicativa verbale, così come il prestare ascolto e comprendere gli altri, rientrano a tal punto nella nostra vita quotidiana che può accadere di sottovalutarne il valore; mentre basterebbe soffermarsi a riflettere su quanta importanza riveste per noi riuscire a comunicare i nostri bisogni e i nostri desideri – dai più semplici a i più complessi – e far sì che gli altri ci aiutino a soddisfarli e a realizzarli.

Per buona parte della nostra vita, dunque, rincorreremo il nostro impegno con gli altri nel tentativo di comprenderci e accordarci l’un l’altro in un coinvolgimento comunicativo sempre più vitale. Ora vedremo passo passo cosa comporta il prestare ascolto quando ciò che noi abbiamo espresso verbalmente è una difficoltà, un dolore, qualcosa che ci tormenta emotivamente. Partendo da noi stessi e dal nostro bisogno di essere emozionalmente capiti, possiamo allenarci ad un ascolto empatico dell’altro significativo e, nello stesso tempo, comprenderemo maggiormente noi stessi in quelle fasi caotiche interiori dove il pensiero razionale viene meno.

DIVERSI STATI MENTALI
Nell’intervenire e nel prestare ascolto, noi attiviamo contemporaneamente differenti stati mentali legati ad emozioni diversificate, e questo è uno dei motivi per cui alcune comunicazioni riescono e altre no. Se siamo in grado di riconoscere come ci sentiamo nel nostro stato psicofisiologico attuale senza esserne sopraffatti, possiamo coinvolgerci e coinvolgere l’altro in una verbalizzazione emozionale centrata sulla disponibilità e sull’attenzione di ciò che viene detto oltre le parole, nell’accoglienza non giudicante del messaggio.

RICONOSCIAMO IN NOI IL NOSTRO STATO D’ANIMO
Se siamo preoccupati per qualcosa di importante e ne vogliamo parlare, la nostra capacità di ascoltare diminuisce sensibilmente: eppure sentiamo il bisogno che l’altro ci rassicuri, ci consigli. Domandiamoci, allora, mentre l’altro ci parla, cosa ci vuole comunicare di suo senza necessariamente intendere il suo vissuto come un attacco minaccioso a noi, e quindi senza assumere una modalità difensiva che per forza di cose blocca il flusso empatico.

RICONOSCIAMO NELL’ALTRO IL SUO STATO D’ANIMO
Rispondere, pretendere di farci capire, dall’altro che sta tentando di esprimere dei sentimenti forti emozionalmente, lo spingerà ancora di più a ricercare un riconoscimento delle sue emozioni. Volgiamo, dunque, la nostra attenzione al tono, al ritmo, al modo, al come vengono espressi i contenuti.

Dunque, la disponibilità e l’attenzione all’altro genera un circolo virtuoso nella relazione ma solo se siamo i primi a rapportarci con rispetto e ascolto emozionale di noi stessi. Se viviamo nell’attesa magica che sia l’altro a capire cosa vogliamo comunicare, cosa vogliamo dire, che sia l’altro ad amarci incondizionatamente mentre siamo sconosciuti a noi stessi, la comunicazione subirà disfatte e incomprensioni.

Questo mio contributo è rivolto alle relazioni di coppia, agli amici che non si comprendono, ai genitori che “non capiscono” cosa vogliono dire i loro figli, a tutti coloro che desiderano accrescere la loro capacità di comunicare più chiaramente con gli altri e che desiderano comprendere loro stessi nel profondo.